giovedì 26 gennaio 2012

A presto amore mio. La travagliata vicenda sentimentale con una montagna.

Le più intense e travolgenti storie d’amore nascono in modi assai strani. Kurt Cobain incontrò casualmente Courtney Love a Chicago mentre lei era giunta in città “per scoparsi Billy Corgan degli Smashing Pumpkins quando aveva ancora i capelli”.Finirono in un hotel, fecero l’amore e concepirono la loro figlia Frances. Gianni Alemanno e Isabella Rauti si conobbero davanti all’ambasciata sovietica a Roma:lei gli chiese da accendere, lui gli passò una molotov. San Francesco d’Assisi invece accolse la diciottenne Santa Chiara che fuggiva dalla casa paterna nella chiesa della Porziuncola: le rasò i capelli, l’avvolse in un saio e insieme viaggiarono per le vie dello spirito.

Il mio cuore ha iniziato a battere forte durante una riunione di lavoro quando una collega parlando di non so quale diavolo di business case disse: ”possiamo aggirare il problema o …. abbatterlo, come volevano fare con il Monte Velino quando dovevano costruire l’autostrada per collegare Roma a Pescara”.

 L’immagine di questa povera montagna presa a cannonate da un manipolo di carri armati guidati da Remo Gasperi si impadronì violentemente dei miei pensieri. Sono ostile a qualsiasi tentativo di addomesticamento dei monti da parte dell’uomo esploratore, escursionista o sportivo;banalmente mi fa incazzare la manomissione della natura a scopo di lucro o anche semplicemente per fini più nobili; ma polverizzare una  mostruosa quantità di roccia lanciata verso il cielo per raccogliere voti mi proiettava in una nuova e mai esplorata dimensione del concetto di odio. Sconvolto corsi a casa a localizzare questa scampata vittima del vilissimo, anche se solo pensato, sopruso e un paio di giorni dopo  osservavo languidamente da Massa d’Albe la mia nuova amata:




Il Velino, come riportato nel sito http://www.montevelinogev.it/degli eroici escursionisti locali è “ un gruppo montuso trivettale, che raggiunge le sue massime elevazioni con il Monte Velino (m. 2.487), Monte Cafornia (m. 2.409) e Monte Sevìce (m. 2.355).E’ visibile nella sua interezza solo da Magliano dei Marsi  per la posizione convessa che assume nel versante Marsicano”.
   

Il primo tentativo che feci di raggiungere la terza cima degli Appennini (segue sua maestà Gran Sasso e la regina Maiella) fu nel dicembre del 2009. Più che di escursione si trattò di un vero e proprio assalto kamikaze: mal equipaggiato, privo d’acqua, tentai il colpo partendo da Massa d’Albe e con comodi 1.600 metri di dislivello da percorre. Il Velino mi respinse vomitevole per tanta audacia e incoscienza nei pressi del Canalino, graziandomi e facendomi sfiorare da un cinghiale che inseguiva un uccello. Tornai a casa a studiare .Compresi che la via corretta per provare ad avvicinarsi era quella della Vallone di Sevìce partendo da Santa Maria in Valle Proclaneta. Provai altre due volte:durante la prima escursione incontrai 2 cervi ma persi un polmone, la seconda mi portò vicino a qualche nuvola e al rifugio Capanna di Sevìce. In tre passeggiate della cima del Velino e della sua buffa croce nessun segno. E così silenziosamente e con pudore si  fece strada in me  l’idea della rinuncia.

Per questa ragione la gita pianificata per domenica 27 novembre è da me genericamente classificata sotto la voce “escursione nel Parco regionale Sirente Velino”. L’aspettativa del fatale incontro è molto forte ma la camuffo sotto una spessa coltre di preoccupazione e pensieri vari. Alle 6:45 mi incammino lungo il sentiero N.3. L’alba benedice i miei passi e il Monte Sevìce:




Nonostante Il tempo sia meraviglioso la giornata non sembra delle più propizie:ho problemi con la borraccia, i lacci delle scarpe, le mutande, la gola e a giudicare dai polmoni e dalla fatica che faccio ad avanzare Dio deve averne qualcuno con me. Dopo circa venti minuti di patemi riesco finalmente a ricompormi e a spezzare il fiato; mente mi godo il piccolo successo un bolide rosso vestito, dalle sembianza umane si avvicina pericolosamente alle chiappe. Precedendo l’esplosione della mia diffidenza un simpatico volontario del G.E.V. mi supera sorridendo e mi informa che sta andando a chiudere il rifugio Capanna di Sevìce e soprattutto che non è intenzionato a dedicarmi un ulteriore secondo della sua scalata/vita. Io lo guardo andare via sognando di essere come lui quando diventerò grande.

Il brevissimo incontro mi mette di buon umore:con ottimo passo esco dal Vallone, costeggio il Monte Rozza, transito di fronte alla Fontana e alle 9:00 in punto sono sulla Selletta dei Cavalli. Prima stramazzo a terra, poi mi godo la vista: versante nord del Sevìce completamente imbiancato alla mia destra, le Tre Sorelle di fronte, la Val di Teve a sinistra; del Velino nessuna traccia. La copiosa neve che copre le pareti delle montagne che osservo sembrerebbe una buona ragione per ritenersi completamente soddisfatti della sgambettata fatta (1.000 metri di ascesa per i miei fan amanti della statistiche alla Rino Tommasi ) e ritornare a Rosciolo. Ma una strana forza mi convince ad arrampicarmi lungo il ghiaccio morbido della cresta che costeggia il circo glaciale di Fossa Cavallo. Mentre penso di essere un cretino osservo salendo la Croce del Sevìce che è di fronte ai miei occhi;faccio qualche passo in avanti, respiro ed effettuando una torsione di 45° vengo investito da un fascio di luce. Dimenticatevi di San Paolo e Damasco, la Vocazione di San Matteo dipinta dal Caravaggio, l’astronave di Guerre Stellari. Il Monte Velino è davanti a me e mi saluta:




Mi genufletto,comincio a pizzicarmi convulsamente le braccia, bevo un goccio di grappa dalla fischietta (che insieme ai precedenti consumi di mandarini, cioccolata, formaggio e gatorade rende la mia bocca qualcosa di molto vicino al reattore di Fukushima)e sopratutto salto. Inizio a costeggiare il Vallone dei Briganti e i suoi grandiosi brecciai diretto verso la Vetta ma è allora che mi rendo conto di essere impresentabile per l’incontro con la mia amata: le gambe mi tremano dalla stanchezza , la respirazione ricorda quella di un carlino con un brutto enfisema polmonare e i  capelli sono terribilmente in disordine. Arrivare  al suo cospetto rantolante e incapace del necessario contegno?E’ allora che si consuma la scena che Sergio Leone avrebbe sempre voluto girare: il silenzio totale rotto da un sasso che rotola,un breve magnetico sguardo d’ intesa su un futuro e generico appuntamento, l’ulteriore conferma, le spalle del sottoscritto che si girano e i piedi che iniziano a muoversi nella direzione opposta della parete rocciosa. A presto amore mio.  

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