mercoledì 11 gennaio 2012

Il Luparo

“Accomodatosi su di un grosso ramo di albero scelto in precedenza (frondoso e di grandi dimensioni) e predisposto tutto il necessario il cacciatore solitario riamane pazientemente in attesa dell’addentrarsi della profonda notte senza causare il minimo rumore e nel bel mezzo di un suggestivo coro di voci di animali, inizia pian piano il suo ululato a ripetizione aumentandolo gradatamente di volume, e ad intervalli se non riceve risposta. Una volta avuta risposta di accettazione da parte della belva, si chiude nel mutismo più assoluto in attesa che la stessa arrivi sul punto preciso del richiamo.

Il lupo arriva ma non cade facilmente nella trappola. Dopo lungo esitare è soprattutto la fame a convincerlo ad addentare la carogna che il luparo ha legato alla base dell’albero: le ganasce gli serrano le zampe. Il cacciatore che dall’alto dell’albero vede il lupo intrappolato dimenarsi ringhiosamente e mordersi gli stinchi fratturati per liberarsi dalla dolorosa morsa stringente, non ha fretta per discendere; lo farà dopo 15/20 minuti perché, non rispettando tale intervallo di tempo, potrebbe rimetterci la vita stupidamente.

Trascorso il termine di cui sopra, il luparo, scende dall’albero dalla parte opposta al luogo in cui è intrappolata la belva, portandosi appresso il forcone di cui è dotato, avvicinandosi alla belva ormai sfinita dal dolore e dalle forze; infila il collo del lupo tra le due corna del forcone e lo comprime a terra con tutta la sua forza sin tanto che la bestiaccia non muoia senza dare più segni di vita. Subito dopo, il cacciatore, tira fuori il suo coltello a spadino ed inizia l’operazione di scuoiamento recuperando la pelle per poi essiccarla, riempirla di paglia o trucioli ridando alla stessa la identica forma di quando era viva, con la bocca piena di denti propri, con la lingua di fuori.

Con tale carcassa, così malamente imbalsamata, il luparo fa la questua per le borgate e da ultimo va in municipio, dove incassa la taglia.”

Da AA.VV. La montagna Teramana


Il luparo mostra lo strumento principe del suo mestiere: la trappola. Archivio iconografico di Michele Mainelli  


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