venerdì 27 gennaio 2012

Evviva i veri turisti della montagna.

Un’Alfa nera percorre decisa lo spazio che separa la capitale dei delitti dai Monti del Cicolano:la conduce un ragazzo  dai capelli chiari, “il biondino d’Arcevia”, che lesina la potenza dei cavalli che scalpitano sotto il suo culo; è consapevole che il meglio lo darà sul misto dei tornanti reatini. Al suo fianco “il progressista” legge il giornale e informa gli altri dei tristi eventi che stanno sconvolgendo la loro misera patria. Dietro di loro “Reinhold la guida” ostenta silenziosamente una magnetica calma: è lui che conosce la meta del viaggio e che dispone dei contatti necessari per portare a termine l’operazione nel migliore dei modi.

Sarebbe questa la scena d’apertura di un film su tre giovani romani che negli anni settanta sono diretti ad un Campo Hobbit su un altopiano laziale con il bagagliaio pieno di armi. Ma questo non è un film, questa è la realtà e fa molto più paura (cit. Lucarelli).

Sabato 7 gennaio 2012 Roma è scaldata da un bellissimo sole: la giornata ideale per Alessio, Francesco e il sottoscritto per raggiungere le pendici del Monte Nuria e violarne i misteriosi segreti. Si viaggia in orario quasi perfetto (assolutamente trascurabile il dettaglio che gli amici più cari non abbiano ancora ben chiara l’esatta ubicazione della tua abitazione nonostante un paio d’anni di glorioso domicilio). I minuti  trascorrono piacevolmente mentre si affrontano tipici discorsi scanzonati da gita domenicale: Aldo Moro e la politica d’ancoraggio all’occidente, riforma elettorale più Corte Costituzionale,il ruolo dell’IRI nello sviluppo economico del dopo guerra, la Cassa di risparmio del mezzogiorno e le responsabilità della DC nell’arretratezza del Sud con un focus sull’attualità o meno del blocco agrario descritto da Gramsci nella “Questione meridionale”.   

Tutto sembrerebbe procedere per il meglio se non fosse che dietro una curva ad un paio di chilometri da Piano del Rascino la Grande Mietitrice è in agguato con la sua falce, sotto forma di lastre di ghiaccio spesse un paio di metri. La faccia dell’automobilista che transita accanto a noi in direzione opposta con vettura dotata di catene da neve in oro massiccio non lascia spazio ad alcuna interpretazione : “so cazzi vostra”. In un grottesco mix di abilità e fortuna riusciamo a mettere in salvo la preziosa berlina nei pressi di un fontanile. Ed è qui che inaspettatamente avviene l’incontro più proficuo della giornata: Davidone è un giovane del posto educato e generoso, gestisce con successo una ditta di manutenzione di impianti termici (nel suo portfolio anche alcuni prestigiosi condomini della Balduina) e soprattutto dispone di GOMME TERMICHE. Nell’attesa che il suo bastardino termini l’accoppiamento con un cinghiale si offre di accompagnarci al Piano. Timidamente accettiamo i suoi servizi: la strada a causa del ghiaccio è particolarmente infame e lo stesso esperto Davide rischia di rigirarsi un paio di volte ;lo invitiamo prudentemente a tornare indietro e solo dopo esserci accertati che tutto proceda al meglio lo salutiamo.

Alle 11:30 ci incamminiamo di buon umore nonostante gli imprevisti in direzione del Nuria passeggiando tra neve e ghiaccio (non ci demoralizza neanche il paragone con l’ARMIR che in scarpe di cartone abbandona il fronte orientale proposto da Francesco) e dopo circa un ora sostiamo sotto gli invisibili ruderi del Castello di Rascino. Appare chiaro a quel punto che il programma iniziale dell’escursione è saltato e dopo un breve giro di consultazioni e dichiarazioni d’intenti realizzo che a saltare è soprattutto la prenotazione del tavolo riservato a mio nome per le 14:30 nel miglior ristorante di Borgorose. Si decide infatti di procedere verso il sovrastante lago del Cornino: con il cuore divorato dall’odio per i 2 stronzi al mio fianco percorriamo l’unico tratto ascendente dell’escursione. In circa quaranta minuti raggiungiamo il laghetto completamente ghiacciato di fronte al quale consumiamo il nostro fantasmagorico rancio offerto (con amore) da Francesco: un pezzo di pizza bianca sfornato nell’Italia pre-unitaria e 2 barrette kinder.

Inebriati da tale esperienza gustativa (immancabile il solito Gatorade al pompelmo rosa anche noto come il killer principe della salivazione) ci incamminiamo sulla via del ritorno: il sole calante permette comunque di renderci conto che siamo gli unici organismi viventi in un raggio di almeno dieci chilometri quadrati, regalandoci una benefica sensazione d’inquietudine. Acceleriamo il passo e raggiungiamo alle 14:30 il versante opposto dell’altopiano mentre angoscianti le prime ombre delle montagne ci avvolgono. Un'altra ora di cammino e un passaggio finale offertoci da un fuoristrada (che non fa che acuire la nostalgia per Davidone e le sue gomme termiche) ci permette di ricongiungerci con l’amata macchina. E’ allora che un grido inaspettato si leva da un bracciante locale e squarcia la silenziosa valle:”evviva i veri turisti della montagna”.

Spiedino  e la sua birra ci stringono in un gelido abbraccio prima di riconsegnarci alle luci della città.

Nessun commento:

Posta un commento