venerdì 28 dicembre 2012

Siamo Nati A Matelica


*Ach, wo ist Juli
Und das Sommerland 
Quel giovanottone di provincia, però, si porta dietro anche qualcosa di più profondo e intenso, qualcosa di incancellabile e importante sul piano morale e culturale, dei sentimenti e delle attitudini. Porta con sé a Milano la marchigianità. Che non è solo quel radicamento, quel forte senso di appartenenza che lo spingerà a tornare ad Acqualagna e a Matelica nonostante il sovraccarico di impegni, in ogni occasione possibile. Mattei rivendicherà sempre, apertamente e orgogliosamente, il legame con la sua terra, delle cui sorti si preoccuperà, nei cui confronti si sentirà profondamente debitore, cercando continuamente di saldare quel debito con iniziative economiche e assistenziali. Per questo, e non per banale clientelismo, la maggior parte dei suoi collaboratori saranno marchigiani. Per uno di costoro, l’economista anconetano Giorgio Fuà le cose stanno semplicemente così: “I marchigiani amano la loro terra e ci vogliono tornare. Anche Mattei faceva tanto e appena poteva correva qui”. Ma per il sociologo Achille Ardirò la marchigianità è anche caparbia volontà di riscatto: “Credo che non si possa comprendere Mattei” ha scritto in un lavoro rievocativo negli anni Ottanta “senza tenere conto del suo essere marchigiano.[…] Le Marche […] erano una terra di laboriosissimi contadini ed artigiani, con un’enorme capacità di sacrifici e di imprenditorialità […] bloccata dalla mezzadria  e dalla lontananza dalle grandi aree metropolitane. Questa potenzialità, che è esplosa negli anni Sessanta e Settanta, […] formava grandi lavoratori in cerca di una liberazione dall’arretratezza dei rapporti sociali e dai vincoli geografici”. D’altra parte proprio la mezzadria così diffusa nelle Marche e in Romagna ha contribuito, secondo le analisi di molti storici, a sviluppare, generazione dopo generazione, quella imprenditorialità diffusa che ha fatto di quelle regioni due tra le più  laboriose e ricche d’Italia: il mezzadro in fondo era imprenditore di se stesso, anche se doveva versare la metà della sua produzione al “padrone”, e la sua più forte aspirazione era accumulare abbastanza denaro per comprare il fondo sul quale lavorava. E’ questa la marchigianità  che Mattei si porta dietro a Milano, non una forma patetica e folcloristica di nostalgia del focolare ma una quasi rabbiosa volontà di affermazione.
Carlo M. Lomartire - Mattei. Storia dell'italiano che sfidò i signori del petrolio

*“Ah! dov’è luglio e il paese d’estate?” (da Canto di Vita, Hugo von Hofmannsthal, trad. di Elena Croce)

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